Il borgo delle antiche battaglie sannite
Castropignano è un luogo di favole e leggende. Un luogo dove il passaggio dei Sanniti, seppur a distanza di anni, ha ancora molto da raccontare. Lo si percepisce nell’aria, parlando con la gente, passeggiando nei vicoli del centro storico oppure visitando quel castello dove una fata “disobbediente” decise di porre fine alla sua vita piuttosto che rispettare una legge ingiusta. Il ricordo di un antico e importante passato riecheggia ancora dal “Colle” medievale alla “Trivecchia” e prende vita nei racconti e nelle storie dei suoi abitanti.

La Storia

Sull’origine del nome “Castropignano” sono state formulate due ipotesi. La prima, secondo cui tale denominazione deriverebbe da “Castrum Pugnatum” che sta a significare “luogo fortificato, accampamento espugnato”.
L’altra ipotesi, invece, fa derivare il toponimo da “Castrum Pineani” e cioè “accampamento tra i pini” e il fatto che il luogo sia stato un “castrum” è dimostrato dai i resti di mura ciclopiche presenti nei pressi del castello d’Evoli. Inoltre, alcuni storici hanno ipotizzato che Castropignano sia sorta sull’antica città di Palombinum, citata da Tito Livio nella “Storia di Roma”.
Il piccolo paese molisano dista a circa 20 km da Campobasso e sorge su un costone roccioso che domina la vallata del fiume Biferno. L’abitato è distribuito su due colli: “il Colle” sede del paese medievale e la “Trivecchia”. A nord di esso, su uno sperone roccioso, spiccano superbe le rovine del Castello d’Evoli, sul quale si tramanda un’antica legenda.
Il Borgo e le Chiese

Il borgo si compone di una parte più antica (che nel passato forse era protetta da mura di cinta) e da una parte più nuova. Per chi volesse fare un tuffo nel passato castropignanese, può cominciare la sua passeggiata entrando da “u prtone la croce”, comunemente chiamato così dai suoi abitanti, perché proprio lì davanti è posizionata una croce in pietra che risale al 1636. Passando sotto l’arco, dopo aver fatto pochi passi, si può osservare una costruzione ristrutturata in cui, forse, vi era il corpo di guardia al servizio del duca, per sorvegliare la porta.
Dirimpetto, ci si imbatte nel “Museo della Civiltà Contadina” che raccoglie numerosi oggetti e arnesi usati dai nostri avi nelle attività lavorative. L’edificio è di proprietà privata, ma è aperto a chiunque desideri visitarlo. Continuando la passeggiata, ci si inoltra nei vicoletti del paese di un tempo: case di pietra locale, strade strette, finestre piccole, portali di pietra ad arco o ad architrave, le “ciambanelle” ai lati delle porte che servivano per “parcheggiare” l’asino, spigoli arrotondati per permettere il passaggio di somari carichi di sacchi, legna e bigonce.
Nel cuore antico di Castropignano in via San Salvatore, c’è la chiesa omonima che risale al 1200. Essa si caratterizza per un un portale a sesto acuto di stile romanico-gotico con montanti asimmetrici. In un vicolo, lì vicino, vi è la casa del poeta Eugenio Cirese (1885-1955) vissuto a Castropignano. In prossimità del “Piano”, vi è ubicata la torre dell’orologio, di forma circolare, che in passato apparteneva al castello più antico del paese. In esso si dice vivesse un barone e pertanto le abitazioni site lì vicino presero il nome di case baronali.
A destra della torre dell’orologio vi è un’altra porta per accedere all’interno del paese antico: “la prtella”, denominata così perché è la più piccola e la più vetusta presente in loco. C’è chi, addirittura, presume si tratti del vecchio ingresso di accesso al castello. Sempre nel centro storico del paese, non molto distante dalla Chiesa di S. Salvatore, si innalza la torre campanaria (una delle torri presenti nello stemma del paese) e, adiacente ad essa, si trova la Chiesa di S. Nicola, molto antica, risalente al 1323 in stile gotico a tre navate attualmente sconsacrata.

A pochi passi, invece, si trova quella che i castropignanesi chiamano "Chiesa Madre", sede dell'attuale Parrocchia di S.S. Salvatore dedicata a S. Marco e S. Pietro Martire (patrono del paese). Tuttavia, si racconta che ancor prima di questa ve ne fosse un’altra forse risalente ai primi anni dell'era cristiana, succursale della chiesa dell'Assunta presente nel palazzo baronale. Distrutta dal terremoto del 1805, le macerie vennero poi utilizzate per la costruzione delle mura della chiesa attuale. Il sisma rase al suolo anche il campanile, attiguo alla chiesa e costruito su una torre antichissima (forse anch’essa presente tra le tre raffigurate sullo stemma del paese).
Il piazzale antistante la Parrocchia si chiama Piazza S. Marco sul quale si affaccia il Palazzo Comunale opportunamente restaurato.

Il Castello D'Evoli

Degno di nota è l’antico Castello d’Evoli di origini normanne e che ebbe una grande importanza in passato per i pellegrini che percorrevano il tratturo Lucera-Castel di Sangro.
La famiglia d’Evoli che abitò qui per molto tempo, eseguì sulla struttura numerosi lavori di ammodernamento e fece costruire la torretta presente sul lato sud.
Dopo un periodo di abbandono, oggi il maniero è tornato al grande splendore grazie ai recenti lavori di manutenzione.
Continuando il nostro viaggio percorrendo la strada rotabile, si raggiunge la parte più nuova del paese.
Tradizioni
e leggende

Eugenio Cirese
Il poeta Eugenio Cirese, nativo di Fossalto, visse per un periodo a Castropignano dove è ricordato soprattutto per la sua profonda umiltà. Egli fu dapprima maestro, poi direttore ed infine ispettore. In particolare, fu proprio nel periodo in cui visse nel piccolo borgo molisano che scrisse le poesie più belle ed anche la rinomata leggenda de “Ru cantone de la Fata”. Ancora oggi si può ammirare la sua casa, completa di giardino, con un chioschetto ricoperto di edera, da cui si gode l’incantevole panorama della valle del Biferno.
Mentre, sul lato nord del suggestivo Castello d’Evoli spicca una roccia che prende il nome di Cantone della Fata da una nota leggenda. Si narra, infatti, che in epoca feudale vivesse a Castropignano una ragazza talmente bella da essere soprannominata appunto “la fata”, promessa in sposa ad un giovane del posto.
Tuttavia, all’epoca vigeva l’aberrante legge dello “ius primae noctis“, ovvero il diritto da parte del signore feudale, in questo caso un duca, di poter trascorrere la prima notte di nozze con la futura moglie di un suo servo. La giovane donna fu condotta al castello ma pur di sfuggire a questa tremenda legge e sottrarsi al disonore, si diede ad una folle fuga culminata in un lancio disperato nel vuoto, proprio dall’alta roccia vicina al castello, da allora soprannominata Cantone della Fata.